Il palazzo di via Stampatori è, assieme al Duomo di San Giovanni, l'unico esempio di arte rinascimentale in città, decorato da affreschi seicenteschi.
Torino, si sa, non è una città dove il Rinascimento abbia lasciato grandi tracce. Se il barocco è quasi onnipresente, così come altri stili che si sono affermati in epoche più recenti, ad esempio il neoclassico o il liberty, le architetture d’impianto rinascimentale sono molto rare, anzi, non sono più di due.
Una è il Duomo di San Giovanni, disegnato sul finire del Quattrocento dall’architetto Amedeo di Francesco da Settignano (detto Meo del Caprino) su commissione del cardinale Domenico Della Rovere.
Per trovare l’altro testimone del Rinascimento dobbiamo allontanarci dal Duomo, percorrere qualche centinaio di metri e inoltrarci tra le strette stradine che compongono il reticolo del Quadrilatero Romano. Qui, in via Stampatori 4, è necessario alzare gli occhi e arretrare di qualche passo per ammirare la facciata ricoperta di affreschi del Palazzo Scaglia di Verrua, unico esempio di architettura civile di stampo rinascimentale in città e anche unico palazzo torinese che abbia conservato la decorazione pittorica esterna.
Gli affreschi furono dipinti attorno al 1603 da Antonino Parentani, un pittore di origine bresciana (nato a Montichiari attorno al 1570) che giunse a Torino nel 1596 e dal 1602 ricoprì il ruolo di «capo mastro de’ pittori» succedendo a Giacomo Rossignolo. Gli affreschi di Palazzo Scaglia sono l’unico esempio rimasto dell’abitudine, parecchio diffusa, di ornare le facciate dei palazzi con figure allegoriche, ritratti e paesaggi, ispirate agli apparati temporanei costruiti per le feste di casa Savoia e venivano spesso rinnovate proprio in occasione di nozze reali e altre festività importanti.
Palazzo Scaglia di Verrua è una «specie protetta» tra gli edifici della città, giunto fino a noi quasi intatto nonostante vicende storiche complesse. Le origini del palazzo si devono a Antonio Solaro, generale di finanze del Ducato di Savoia, che tra il 1590 e il 1600 acquisì e unificò diverse porzioni di fabbricato presenti all’interno di un isolato urbano, anticamente detto «carignone» e in seguito Isola Sant’Alessio.
Tra gli abitanti più celebri del palazzo Jeanne Baptiste de Luynes, nobildonna francese che nel XVII secolo divenne l’amante di Vittorio Amedeo II prima di fare ritorno in Francia.
Il Palazzo Scaglia di Verrua, nell’Ottocento, è stato anche sede di alcune rappresentanze diplomatiche di potenze straniere presso la corte sabauda. Prima vi ebbe sede la legazione spagnola, poi, a partire dal 1o novembre 1861, accolse l’ambasciata dell’Impero Russo. Oggi il palazzo, che alcuni anni fa è stato location di film come «La meglio gioventù» e «Santa Maradona», è aperto a tutti nelle parti comuni e ospita un paio di attività commerciali, uffici e residenze private.
Fotografie di: Paolo Patrito