Pochi conoscono il tempio di via Nizza, sorto nel Seicento per completare il Castello del Valentino
Di fronte a un ipotetico sondaggio che domandasse «Qual è la chiesa di San Salvario?» in molti risponderebbero indicando la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Pietro e Paolo, che dal 1865 svetta sulla piazzetta all’angolo di via Saluzzo con via Baretti.
Il quartiere a ridosso della stazione Porta Nuova, però, ospita una chiesa molto più antica, profondamente legata al territorio, tanto da aver trasmesso il nome a questo quartiere torinese. Si tratta della chiesa di San Salvario, in via Nizza alla confluenza di corso Marconi. Dal 1960 è chiusa al pubblico, salvo che in occasioni particolari e fa parte di un grande complesso di edifici che corre per circa 250 metri su via Nizza lungo i binari della linea ferroviaria.
L’esistenza di una chiesa dedicata a San Salvatore è attestata in questo luogo fin dall’anno 1110. Viene indicata dai testi «que sita est in campania» (posizionata in campagna) per distinguerla da un’altra chiesa intitolata a Cristo Salvatore, situata all’epoca dentro le mura di Torino, precisamente nell’area attualmente occupata dal duomo.
In un documento datato 1526 compare per la prima volta il nome «San Salvario» in alternativa a San Salvatore.
A partire dalla metà del Seicento Cristina di Francia, mentre mette mano all’ampliamento e abbellimento del Castello del Valentino, promuove l’edificazione di una nuova chiesa, progettata probabilmente da Carlo e Amedeo di Castellamonte. Nonostante le dimensioni contenute, la cappella ha un aspetto elegante, che ne evidenzia il legame con il castello del Valentino. Nel 1658 alle spalle della chiesa inizia la costruzione del convento, abitato prima dai Servi di Maria poi, a partire dal 1837, dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli.
Nell’Ottocento il centro religioso si espande come il quartiere che lo circonda, nonostante che la costruzione della linea ferroviaria Torino Genova privi il complesso del giardino e tagli in due il territorio. Dagli anni Cinquanta inizia un lento degrado, che porta alla chiusura della chiesa e al suo abbandono, fino ai restauri integrali di fine anni Novanta.