Quattro grandi lastre di acciaio giacciono agli angoli del cortile di Palazzo Carignano, abbandonate al suolo, apparentemente fuori posto rispetto all’acciottolato di pietre che copre tutto il resto della pavimentazione. Sono lastre quadrate, hanno colore ottone scuro, che un po’ si mimetizza tra la luce e l’ombra di questa corte rettangolare, carica di storia.
L’atrio del Palazzo, entrando da piazza Carlo Alberto, conserva in bella mostra una lapide per ricordare il tempo record con cui l’architetto Amedeo Peyron, concluso il processo di unificazione nel 1861, realizzò la Camera aggiuntiva nel cortile: due mesi di lavoro condotto a ritmo ininterrotto. Cessata la funzione di quel padiglione, smontata la struttura provvisoria, il cortile è rimasto vuoto, sono rimasti i ciottoli. E in tempi recenti – circa trent’anni fa – sono comparse le quattro lastre d’acciaio. Cosa sono?
È inutile tentare di scoprirlo sollevando le plance di metallo, pesantissime. Altrettanto inutile cercare informazioni nelle targhe che accolgono i visitatori di Palazzo Carignano: nessuno ha voglia di ricordare che sotto le lastre d’acciaio, sotto l’intero cortile del Palazzo si nasconde, in completo abbandono, la moderna e straordinaria architettura di un ulteriore padiglione, fatto realizzare dalla Regione Piemonte negli anni Ottanta del Novecento e mai inaugurato, mai utilizzarlo neppure per un giorno. Le lastre di metallo nel cortile sono l’unico indizio di quello che è stato sepolto e dimenticato nel sottosuolo, uno spazio aulico, purtroppo sprecato: le lastre proteggono quattro
grandi lucernai in corrispondenza di spettacolari pilastri disegnati nello spazio sotterraneo dall’architetto Andrea Bruno, che progettò il padiglione dimenticato.
Sotto il cortile. Il salone dimenticato è immenso, ha le stesse dimensioni del cortile. Era stato voluto dalla Regione Piemonte per dotare Palazzo Carignano di una sala polifunzionale/teatro, a servizio del Museo del Risorgimento e della città, capace di ospitare trecento persone sedute e più del doppio in piedi. Quattro eleganti colonne vi reggono soffitti alti 5,50 metri, decorano uno spazio di duemila metri quadrati, un ambiente che oggi potrebbe essere paragonato al padiglione sotterraneo del rinnovato Museo Egizio. Il progetto risale al 1985. Il professor Andrea Bruno, progettista di fama mondiale, applicò al recupero complessivo dell’edificio la filosofia che ispira molti suoi lavori: portare a funzione nuova gli edifici antichi, rispettandone la storia e la memoria.
I lavori si protrassero dal 1987 al 1994: venne scoperchiato il cortile, si scavò fino a una profondità di 11 metri. La struttura sotterrane prese forma su due piani sovrapposti: il più profondo per i servizi tecnici e la centrale termica di Palazzo Carignano, quello sovrastante per il salone polivalente.
Palazzo Carignano sembra portare in sorte un destino d’incompiutezza. Già nel 1861, quando era divenuto sede del Primo Parlamento italiano, l’aula prevista era risultata inidonea, troppo piccola e ne avevano costruita una provvisoria in cortile. Quando ne realizzarono una più ampia restò inutilizzata: la Capitale scappò a Firenze. Corsi e ricorsi, a quanto pare, che si ripetono.
La sala ipogea sembra incredibile, sarebbe magnifico se qualcuno pensasse di usarla per il bene della città e della regione….
Molto interessante! Una struttura sotterranea simile inutilizzata… Chissà se in futuro avrà un utilizzo come teatro… Sarebbe fantasticamente suggestivo.