Novecento

Quanto dava fastidio la Ragazza di via Millelire

Nel 1980, l'anno della marcia dei quarantamila, venne molto contestato il film ambientato da Gianni Serra a Mirafiori Sud: non piaceva a tutti la denuncia del degrado delle periferie operaie

Esistono anni incancellabili nella memoria storica delle città. Per Torino, il 1980 fu sicuramente uno di questi. Visse la Marcia dei Quarantamila, con le grandi tensioni della fabbrica. Soffrì la tragedia del terrorismo che insanguinava l’italia. e in periferia tutto questo si saldava con i problemi del lavoro (la cassa integrazione a zero ore per 23 mila dipendenti Fiat, molti a Torino), con il degrado urbano, con la droga che stava dilaniando una generazione.

Le periferie torinesi di quegli anni, soprattutto la zona di Mirafiori Sud, furono protagoniste, proprio nel 1980, del film documentario di Gianni Serra “La Ragazza di via Millelire” che suscitò grandi polemiche, dividendo critica e pubblico tra chi ne apprezzò il crudo realismo e chi lo bollò come volgare ed eccessivo.

Il film, prodotto dalla Rai con il contributo di Sergio Ariotti e Bruno Gambarotta, si snodava attorno alle vicende di Elisabetta detta Betty, un’adolescente interpretata dalla sedicenne Oria Conforti. Nel film Betty vive un’esistenza al limite, tra compagnie “difficili”, ambienti ambigui o fin troppo espliciti, irrequietezza adolescenziale sullo sfondo di un tessuto sociale in bilico tra sviluppo ed emarginazione.

La ragazza di via Millelire fu girato tutto a Torino e gli ambienti urbani del film sono quasi tutti ancora ben riconoscibili: dalla via da cui la pellicola prendo il titolo, a Mirafiori Sud, alle torri di via Artom (solo due sono state abbattute), fino alle strade delle Vallette, corso Giulio cesare e il ponte sulla Stura. È invece scomparso recentemente un’altro dei luoghi iconici del film, il cavalcavia di corso Grosseto.

Il film di Serra arrivò alla Mostra del Cinema di Venezia dove alcuni critici ne apprezzarono schiettezza e profondità, per esempio Umberto Eco, mentre altri ritennero che la pellicola fosse intrisa soprattutto di disfattismo. storsero il naso i comitati di quartiere, che avrebbero voluto (comprensibilmente) liberare le periferie di Torino dalla nomea di quartieri «disastrati». Molte critiche vennero da una parte della sinistra torinese, che era poco incline ad immolare l’immagine della città (nel 1980 era sindaco il comunista Diego Novelli) a problemi che si trascinavano, in verità, da molto prima delle giunte «rosse».

Visto oggi il film accusa qualche segno del tempo, ma resta un documento preziosissimo per leggere con occhio critico la Torino di quel periodo storico.


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