Tra mura abbattute, progetti che non videro mai la luce e epoche storiche in rapida successione, ecco come piazza Vittorio diventò la piazza dei torinesi.
Se dovessimo dire che cosa rappresenta piazza Vittorio nella storia di Torino forse potremmo affermare che è il bimillenario tentativo di includere il fiume nella città. I romani si erano tenuti ben lontani dal Po e anche nei secoli successivi la vita della città ruotava altrove, confinando lungo il fiume poco salubri borgate di barcaioli e lavandaie.
Fu solo nel 1663 che la città si avvicinò al fiume, con l’inizio della costruzione della Contrada di Po, ma il nuovo quartiere si fermò a circa 2/3 della distanza tra piazza Castello e il Po, perché il resto dello spazio serviva alle mura di contenimento e ai bastioni difensivi.
Così nel 1678 Amedeo di Castellamonte si limitò a progettare una piccola esedra come coronamento di via Po verso il fiume, esedra che 150 anni dopo diventerà parte di piazza Vittorio com’è conosciuta anche ai giorni nostri. Negli anni Settanta del Seicento venne anche realizzata, su progetto di Guarino Guarini, la Porta di Po, concepita come una sorta di castelletto posto a chiusura della via omonima. La Porta di Po sarà poi distrutta dai francesi nel 1800 assieme alle mura.
Proprio l’abbattimento delle strutture difensive creò un ampio spazio tra il termine di via Po e il fiume. Nei primi decenni dell’Ottocento si succedettero diversi progetti fino a che nel 1824, diventato re Carlo Felice, non fu scelto quello quasi essenziale di Giuseppe Frizzi, che ci ha consegnato la piazza per come la conosciamo.
Nel 1831 gli edifici lungo la piazza erano già completati e nel 1835 venne edificato il lato sud dei Murazzi, completati con la parte nord solo nel 1872.
Fotografie di: Renzo Bussio