I restauri stanno restituendo il piano nobile di quest'antica residenza sabauda a pochi passi da Palazzo Reale: a lavori finiti sarà aperta al pubblico.
L’obiettivo è farne un museo aperto al pubblico. I restauri del sontuoso Palazzo Chiablese, a fianco del Duomo di Torino, si susseguono da oltre un decennio rivelandone, passo dopo passo, gli eccezionali tesori decorativi. Se i torinesi conoscono poco questo palazzo affacciato per metà su piazza San Giovanni e per metà sulla Piazzetta Reale, hanno buone giustificazioni: fino ad oggi è stato utilizzato soltanto come sede di uffici, ultimi in ordine di tempo quelli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Torino.
In futuro le cose cambieranno. Gli uffici della Soprintendenza si stanno trasferendo ai piani alti dell’edificio, in modo da liberare il piano nobile, quello monumentale, che il pubblico potrà un giorno ammirare. A restauri conclusi, il Palazzo Chiablese farà bella mostra dei suoi preziosi ambienti, che poco hanno da invidiare al fratello «maggiore», il vicino Palazzo Reale.
A partire dal 2007, numerose campagne di restauri sono intervenute su diverse aree del palazzo. Alcuni cantieri si sono conclusi da poco: tra questi colpisce il fascino straordinario della sala che fu adattata, nel 1850, a camera da letto della Duchessa di Genova in occasione del matrimonio tra Ferdinando ed Elisabetta di Sassonia.
L’idea del recupero di questa sala è nata nel 2018, in seguito al ritrovamento all’interno di una collezione privata di una scrivania a doppio corpo opera di Pietro Piffetti, facente parte dell’arredamento del palazzo, ma che, nell’immediato dopoguerra, era finita illecitamente sul mercato antiquario. Il cantiere ha interessato gli stucchi, le cornici, le specchiere e le lesene angolari, restaurando la boiserie e recuperando la decorazione floreale che arricchiva le specchiature. Dallo smontaggio delle boiserie è inoltre stato rinvenuto un frammento della tappezzeria di metà Ottocento la cui trama a fogliame con corone e nodi sabaudi è stata interamente ricostruita, anche grazie al confronto con le immagini scattate nel 1940, permettendo di donare alla camera un aspetto molto simile a quello originale.
Fotografie di: Renzo Bussio