Ottocento

Un secolo per fare i Murazzi

Storia della costruzione delle celebri arcate e delle banchine lungo il fiume: un'impresa iniziata nel 1833 per terminare all'inizio del Novecento.

L’estate 2020 sembrava essere quella giusta. Dopo otto anni di silenzi, false partenze e tentativi falliti, lo scorso gennaio era stata firmata l’intesa che avrebbe dovuto portare alla riapertura di cinque locali (bar, club) nelle arcate del lungo Po ai Murazzi. Invece è arrivato il coronavirus e anche per quest’anno le scenografiche arcate resteranno deserte.

Fin dalle origini, quella dei Murazzi – i «Muri» nel gergo dei giovani – è una storia fatta accidentata. Molti successivi progetti di realizzazione vennero considerati, accantonati, riscritti dal Comune di Torino a partire dai primi anni dell’Ottocento. Il primo tratto dei Murazzi (quello ai piedi di piazza Vittorio, a destra e sinistra del ponte) fu costruito tra il 1833 e il 1835. Il tratto successivo (accanto al Lungo Po Cadorna) venne realizzato tra il 1872 e il 1877, in concomitanza con l’abbattimento del fatiscente Borgo del Moschino. Il tratto che corre parallelo a corso Cairoli, fino a corso Vittorio Emanuele II, fu completato sul finire dell’Ottocento.

Fino agli anni Cinquanta del Novecento, i locali ricavati all’interno delle arcate dei Murazzi vennero utilizzati per il rimessaggio delle barche da pesca. Nel ventennio successivo, a causa del crescente inquinamento del fiume, i pescatori abbandonarono progressivamente la zona, con un conseguente degrado dell’area. Dopo un periodo di abbandono, si avviarono politiche per il rilancio dei Murazzi. A partire dalla fine degli anni Ottanta aprirono i primi locali, che a partire dal decennio successivo trasformarono i Murazzi in luogo culto della movida torinese.

Nel 2012, una inchiesta della Magistratura portò alla progressiva chiusura di club e dehors.


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